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Come abbiamo già detto, la truffa, come disciplinata dall’art. 640 c.p., è l'induzione di un soggetto in errore, mediante l'utilizzo di artifizi o raggiri, col fine specifico di ricavare un ingiusto profitto procurando un danno altrui.
Si tratta di una fattispecie plurioffensiva in quanto idonea a ledere sia beni di carattere privatistico, sia beni di carattere plubbicistico, come emerge dal 3° comma dell’art. 640 c.p., che prevede la perseguibilità del reato a querela della persona offesa, a meno che non ricorrano le circostanze aggravanti previste dalla legge, in presenza delle quali la perseguibilità diventa d’ufficio.
Infatti la punibilità non deriva solamente dalla lesione alla sfera patrimoniale del singolo, ma anche dell'interesse pubblicistico a che non sia leso il dovere di lealtà e correttezza e la libertà di scelta dei contraenti. Tuttavia, non bastando la mera violazione di un tale dovere, per la consumazione del reato è richiesta anche una effettiva lesione del patrimonio altrui, conseguendo un ingiusto profitto.
La truffa è un reato comune a forma vincolata poiché può essere commesso da chiunque, ma che si realizza solo quando sono posti in essere gli artifici ed i raggiri che, inducendo la vittima in errore, la determinano a compiere un atto di disposizione patrimoniale in favore del colpevole.
Per artifizio si intende qualsivoglia simulazione o dissimulazione della realtà che crei una falsa apparenza volta ad alterare la conoscenza del soggetto passivo del reato, col fine precipuo di indurlo in errore. (Es. tacere su qualità o difetti di un bene, fingersi esercente di una professione ecc.).
Per raggiro deve, invece, intendersi ogni macchinazione atta a far scambiare il falso con il vero, creando nel soggetto passivo del reato erronei motivi che ne determinano volontà e condotta. (Es. l'invenzione di timori insussistenti o risoluzioni fittizie imminenti ecc.).
Tuttavia, va precisato che per la realizzazione della fattispecie di truffa, la condotta del reo dovrà indurre in errore, non bastando che sia astrattamente idonea a farlo e, pertanto, l’errore del soggetto passivo dovrà essere la diretta conseguenza degli artifizi e raggiri.
L’idoneità degli artifizi e raggiri andrà stabilita in relazione alla situazione di fatto realizzata, e perciò, attraverso le qualità e le condizioni della vittima o anche ai suoi rapporti col soggetto attivo.
Anche il silenzio maliziosamente serbato da parte di chi abbia il dovere di informare l'altro contraente su determinate caratteristiche dell'affare può integrare il reato di truffa.
Inoltre, la condotta nel delitto di truffa può consistere sia in azioni che in omissioni, sia in atti materiali che in atti psicologici, purché siano diretti ad indurre in errore, ossia ad una falsa rappresentazione della realtà che influenza il percorso formativo della volontà del soggetto che si determina a porre in essere il contratto.
Carmela Mazza
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La truffa è una delle forme più tipiche ed originarie di aggressione dei beni altrui.
La criminalità fraudolenta, avendo ad oggetto i c.d. beni mezzo o secondari quali, il patrimonio e l’economia, indigna mentre la violenza allarma.
Per quanto riguarda le truffe finanziarie va detto che alla base di molte di esse vi è il c.d. “Schema Ponzi”, una sorta di catena di S. Antonio che assicura grossi vantaggi economici ad investitori che sperano di realizzare lauti guadagni, i quali si ritrovano ad avere a che fare con un presunto esperto finanziario che promette elevati guadagni a fronte di pochissimi rischi.
Inizialmente le vittime vengono scelte tra le conoscenze del truffatore, il quale seleziona coloro che hanno poca esperienza nel campo finanziario, ma che posseggono beni degni di nota.
Secondo lo schema della truffa finanziaria e del sistema superiormente descritto, al potenziale cliente viene proposto un investimento con rendimenti superiori ai tassi di mercato. Chi sottoscrive un contratto riceve effettivamente gli interessi promessi. Una volta ottenuta l’adesione di un determinato numero di persone, si sparge la voce che il sistema è redditizio e vengono in tal modo attirati nuovi investitori che consentono di pagare in tal modo gli interessi promessi. La società finanziaria, infatti, ha capitale pari a zero, ma i risparmiatori sono indotti a credere che gli interessi provengono da sofisticati investimenti.
Tale schema riesce ad autoalimentarsi ed a funzionare fino a quando le richieste di rimborso non superano i nuovi versamenti. Quando ciò accade, il sistema crolla e gli investitori non riescono più a recuperare il proprio capitale.
Collegata alle frodi ed alle truffe è anche la criminalità dei c.d. “colletti bianchi”, soggetti cioè che appartengono a classi medio-alte, professionisti rispettabili tenuti socialmente in considerazione, i quali commettono reati nell’ambito delle attività che svolgono, abusando della fiducia di cui godono proprio in considerazione della loro posizione, al fine di perseguire vantaggi indebiti.
All’interno di questa tipologia di reati rientrano non solo i crimini dello stato, ma anche i delitti contro il patrimonio, come la truffa, i reati finanziari e societari, nonché i reati commessi dalla criminalità organizzata che si va sempre più infiltrando nel mondo degli affari.
Carmela Mazza
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Secondo la tradizionale elaborazione giuridica, il danno rilevante ai fini della truffa consiste nella perdita di una situazione favorevole o nell’acquisizione di una situazione sfavorevole, a prescindere da una diminuzione patrimoniale.
Secondo la concezione c.d. patrimoniale, il danno rilevante ai fini della truffa consiste nella perdita di un bene o nel mancato conseguimento di un’utilità economica o nell’assunzione di obbligazioni senza giustificato motivo, e deve sempre essere verificato in concreto.
Vi è poi la concezione giuridico-funzionale-personalistica di danno, secondo cui esso si identifica nella diminuzione della capacità di soddisfare i bisogni materiali o spirituali del titolare, abbracciando tutte le forme di danno patrimoniale meritevoli di tutela.
L’altra conseguenza, insieme al danno patrimoniale, che deve derivare dall’atto di disposizione patrimoniale affinchè possa parlarsi di truffa è l’ingiusto profitto conseguito dal soggetto attivo o da un terzo.
Profitto e danno sono due requisiti autonomi della truffa e, pertanto, devono essere oggetto di accertamenti processuali distinti.
Il problema che si pone in relazione al profitto è se esso debba avere o meno natura patrimoniale.
In tal senso le concezioni tradizionali di profitto sono due.
La prima lo identifica con il soddisfacimento di qualsiasi interesse o utilità, anche morale, spirituale o psicologica che il reo tragga o si riprometta di trarre dalla sua azione criminosa e quindi potrebbe anche non avere natura patrimoniale.
La seconda, invece, limita il profitto ad una accezione patrimonialistica, identificandolo con un accrescimento della ricchezza o con una sua mancata diminuzione.
La dottrina più attenta si è espressa nel senso di ritenere sussistente la truffa solo se il vantaggio è patrimoniale.
Inoltre, il deve essere ingiusto. L’ingiustizia del profitto, però, non può essere identificata con l’ingiustizia del fatto offensivo, ma devono sussistere entrambi quali elementi del delitto patrimoniale.
Pertanto, la truffa esiste se il mezzo ed il profitto sono ingiusti; ne consegue che il delitto non si configura se oltre all’ingiustizia del fatto non vi è anche l’ingiustizia del profitto.
Il profitto è ingiusto quando l’utilità perseguita dall’agente è contra ius, ossia vietata dall’ordinamento giuridico e quando è sine iure, ossia sfornita di tutela giuridica sia diretta che indiretta.
Carmela Mazza
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La truffa è il delitto che induce la vittima a stipulare un accordo in realtà non voluto e, allo stesso tempo, le fa accettare condizioni diverse da quelle a cui avrebbe concluso un contratto.
Trattasi di delitto a forma vincolata in quanto la condotta che conduce all’evento segue un percorso ben preciso. Infatti, agli iniziali raggiri e artifizi che inducono la vittima in errore, ledendo la sua buona fede, segue il compimento di un atto dispositivo da parte della stessa che, di conseguenza, subisce un danno patrimoniale a vantaggio del profitto ingiusto conseguito dal soggetto agente.
Per lungo tempo si è distinto tra frode civile e frode penale.
Per la prima si riteneva sufficiente l’inganno della vittima prodotto con qualsiasi mezzo, anche con la menzogna, al fine di garantire il corretto svolgimento di rapporti civili; mentre per la seconda si riteneva necessario una specie di messa in scena, volta a convalidare i fatti falsamente affermati.
Tale distinzione nel tempo si è assottigliata e la fattispecie di truffa si è ampliata sia nelle formulazioni legislative che sul piano interpretativo, inglobando in essa fattispecie che prima erano escluse.
Il concetto di “buona fede” in ambito civilistico rileva sia sotto il profilo soggettivo che sotto il profilo oggettivo.
La buona fede soggettiva (che è quella che rileva anche in settore penale) identifica uno stato soggettivo della coscienza che può assumere a sua volta diverse connotazioni e atteggiarsi come convinzione erronea di agire in conformità al diritto; ignoranza di ledere un diritto altrui; affidamento in una situazione giuridica apparente difforme da quella reale.
La buona fede oggettiva, invece, pone regole di condotta, definendo modelli di comportamento socialmente apprezzabili ai quali i contraenti devono uniformarsi, ad es. nelle trattative e nella formazione di un contratto o nell’adempimento dell’obbligazione ecc.
Essa, nella fase di formazione del contratto rileva come dovere di lealtà, imponendo doveri di informazione che, se violati, comportano responsabilità precontrattuale. Mentre nei contratti tra una parte forte ed una parte debole, assolve ad una funzione di controllo dell’autonomia negoziale.
Circa l’atto di disposizione patrimoniale, invece, la Corte di Cassazione ha affermato che, per aversi truffa, deve trattarsi di un atto volontario produttivo di un ingiusto profitto altrui a proprio danno e determinato dall’errore causato da una condotta artificiosa.
Per patrimonio deve intendersi, invece, il complesso dei beni, dei diritti e dei rapporti giuridici facenti capo ad una persona suscettibili non solo di valutazione economica ma che presentino anche un valore soltanto personale, spirituale o affettivo.
Nel diritto penale agli effetti del patrimonio rilevano sia il valore di economico che il valore affettivo.
La truffa può avere ad oggetto qualsiasi rapporto patrimoniale o anche tutti i rapporti patrimoniali facenti capo ad un soggetto, può ad es. riguardare un diritto reale immobiliare o mobiliare, un diritto di credito, ma può avere ad oggetto anche l’intero patrimonio mobiliare o immobiliare.
Carmela Mazza
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Nel reato di sottrazione e trattenimento di minore all’estero l’elemento psicologico richiesto in capo al soggetto agente è il dolo generico, occorre cioè che il soggetto che pone in essere la condotta lo faccia con la volontà di sottrarre, condurre e trattenere il minore all’estero, pur conoscendo ed essendo consapevole della contraria volontà dell’altro genitore o del tutore.
Il reato si consuma nel momento e nel luogo in cui il rapporto giuridicamente rilevante tra minore e genitore o tutore viene concretamente a mancare a causa della condotta realizzata dal soggetto agente, la quale deve protrarsi per un rilevante periodo di tempo, tale da determinare una lesione effettiva all’esercizio della responsabilità sul minore, e a differenza delle fattispecie previste dagli artt. 573 e 574 c.p., l’espatrio o il trattenimento del minore deve essere posto in essere oltre i confini dello stato italiano.
Il delitto di cui all’art. 574 bis, comma 1, c.p. è punito con la reclusione da uno a quattro anni ed è procedibile d’ufficio. L’autorità Giudiziaria competente è il Tribunale monocratico.
Sono consentite le misure cautelari e l’arresto facoltativo in flagranza di reato, ma non è consentito il fermo di indiziato di delitto.
Il secondo comma dell’art. 574 prevede una riduzione di pena causalmente connessa sia all’età del minore che ala manifestazione di volontà da parte dello stesso.
Infatti se il minore ha già compiuto i 14 anni ed ha espresso il suo consenso ad essere condotto o trattenuto all’estero, la pena sarà da sei mesi a tre anni, ferma sempre la procedibilità d’ufficio.
Tuttavia, a differenza di quanto previsto per il comma 1, non sarà consentito l’arresto in flagranza e neppure le misure cautelari, oltre ovviamente al fermo di indiziato di delitto.
L’ultimo comma, infine, prevede una sanzione accessoria che è la sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale, per il caso in cui il soggetto attivo sia un genitore, e la condotta sia perpetrata nei confronti del figlio minore.
Anche se la Corte Costituzionale, proprio in relazione a questo terzo ed ultimo comma, con sentenza n. 102 del 2020, ne ha dichiarato l'illegittimità costituzionale nella parte in cui prevede che la condanna pronunciata contro il genitore per il delitto di sottrazione e mantenimento di minore all'estero ai danni del figlio minore comporta la sospensione dell'esercizio della responsabilità genitoriale, anziché la possibilità per il giudice di disporre la sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale.
Infine e per completezza, bisogna far presente che la sottrazione e la conduzione o il trattenimento del minore all’estero possono integrare gli estremi del sequestro di persona solo se il minore è stato effettivamente sottoposto ad una limitazione della sua libertà personale, rispetto alla quale egli abbia espresso o manifestato il proprio dissenso.
Avv.ta Carmela Mazza
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