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No alla Violenza - Il danno ed il profitto nel delitto di truffa
Secondo la tradizionale elaborazione giuridica, il danno rilevante ai fini della truffa consiste nella perdita di una situazione favorevole o nell’acquisizione di una situazione sfavorevole, a prescindere da una diminuzione patrimoniale.
Secondo la concezione c.d. patrimoniale, il danno rilevante ai fini della truffa consiste nella perdita di un bene o nel mancato conseguimento di un’utilità economica o nell’assunzione di obbligazioni senza giustificato motivo, e deve sempre essere verificato in concreto.
Vi è poi la concezione giuridico-funzionale-personalistica di danno, secondo cui esso si identifica nella diminuzione della capacità di soddisfare i bisogni materiali o spirituali del titolare, abbracciando tutte le forme di danno patrimoniale meritevoli di tutela.
L’altra conseguenza, insieme al danno patrimoniale, che deve derivare dall’atto di disposizione patrimoniale affinchè possa parlarsi di truffa è l’ingiusto profitto conseguito dal soggetto attivo o da un terzo.
Profitto e danno sono due requisiti autonomi della truffa e, pertanto, devono essere oggetto di accertamenti processuali distinti.
Il problema che si pone in relazione al profitto è se esso debba avere o meno natura patrimoniale.
In tal senso le concezioni tradizionali di profitto sono due.
La prima lo identifica con il soddisfacimento di qualsiasi interesse o utilità, anche morale, spirituale o psicologica che il reo tragga o si riprometta di trarre dalla sua azione criminosa e quindi potrebbe anche non avere natura patrimoniale.
La seconda, invece, limita il profitto ad una accezione patrimonialistica, identificandolo con un accrescimento della ricchezza o con una sua mancata diminuzione.
La dottrina più attenta si è espressa nel senso di ritenere sussistente la truffa solo se il vantaggio è patrimoniale.
Inoltre, il deve essere ingiusto. L’ingiustizia del profitto, però, non può essere identificata con l’ingiustizia del fatto offensivo, ma devono sussistere entrambi quali elementi del delitto patrimoniale.
Pertanto, la truffa esiste se il mezzo ed il profitto sono ingiusti; ne consegue che il delitto non si configura se oltre all’ingiustizia del fatto non vi è anche l’ingiustizia del profitto.
Il profitto è ingiusto quando l’utilità perseguita dall’agente è contra ius, ossia vietata dall’ordinamento giuridico e quando è sine iure, ossia sfornita di tutela giuridica sia diretta che indiretta.
Carmela Mazza
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