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No alla Violenza - Il diritto di critica
Il diritto di critica consiste nella manifestazione di un giudizio valutativo del tutto soggettivo rispetto ai fatti narrati.
Tuttavia, è comunque necessario che i fatti posti a fondamento della stessa critica corrispondano a verità, purché non assoluta almeno ragionevolmente putativa per le fonti da cui proviene o per altre circostanze oggettive.
A differenza del diritto di cronaca che garantisce la libertà di informazione nella sua duplice veste di diritto ad informare e ad essere informati, il diritto di critica, benché costituzionalmente garantito, si riferisce ad un profilo diverso della libertà di pensiero.
Infatti mentre la cronaca descrive l’accaduto, la critica propone una valutazione, leggendo il fatto o valutandolo.
Oltre che in una forma di pacata espressione di una valutazione personale dell’autore, la critica può esprimersi anche in forma di aperto dissenso, ad esempio come nel caso della critica cinematografica, della critica letteraria o artistica.
In realtà si ritiene che, proprio perché trattasi di un punto di vista personale dell’autore, la stessa consenta, pur partendo da un accadimento reale, una rappresentazione non strettamente obiettiva.
Pertanto, quando si parla di diritto di critica non si pone il problema della veridicità delle affermazioni dell’autore.
Tuttavia se, come abbiamo visto, nel diritto di cronaca il diritto sorge sul presupposto di una correlazione tra fatto e notizia, anche nel caso del diritto di critica deve sussistere una correlazione tra l’opinione proposta e un fatto materiale o comportamento umano, in quanto deve comunque esserci un tentativo di lettura di tale dato reale.
Se, invece, la critica risulta essere priva del requisito della pertinenza e scade nell’offesa deliberata e gratuita, o diventa pretestuosa, di sicuro non potrà essere giustificata e/o giustificabile.
Così come il diritto di cronaca, anche il diritto di critica è soggetto a dei limiti.
In particolare, tali limiti vengono identificati: 1) nella verità oggettiva dei fatti dichiarati; 2) nell’interesse pubblico alla conoscenza del fatto, nel senso che, in ogni caso, la critica non deve scadere in offese volontarie; 3) nella c.d. continenza espressiva; ed infine 4) nel fatto che il diritto di critica deve essere congruamente motivato.
Carmela Mazza
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