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Violenza sessuale: oltre il contatto fisico e a mezzo social media
Il reato di violenza sessuale viene riconosciuto anche “oltre il fatto carnale” e cioè anche quando manca il contatto fisico o quando le persone coinvolte sono fisicamente distanti. Ci si chiede, pertanto, se sia possibile, in assenza di contatto fisico ed anche nell’eventualità in cui autore e vittima non si siano mai incontrati di persona, che sussista la violenza sessuale.
A tal riguardo, con la sentenza n. 25266 del 2020, la Corte di Cassazione ha riconosciuto in capo ad un soggetto, che aveva inviato ad una giovane una propria “foto a luci rosse” e ne aveva ricevuto da lei un’altra come risposta, insistendo successivamente affinché la ragazza gli inviasse altri contributi hard, dietro minaccia di pubblicazione, a mezzo social, della foto precedentemente inviata da lei, la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato contestato nell'induzione allo scambio di foto erotiche e nella crescente minaccia a divulgare in pubblico le chat, ritenendo, pertanto, perfettamente integrata la condotta criminosa.
La Corte perviene ad una tale pronuncia attraverso il richiamo ad una sentenza del 1994 in cui affermava che si configura il reato di tentata violenza carnale nel momento in cui si minaccia di inviare foto compromettenti della donna ai parenti della stessa, nonché attraverso il richiamo ad una pronuncia del 2013 in cui la Corte ha ritenuto che nella violenza commessa mediante strumenti telematici, la mancanza di contatto fisico tra l'autore del reato e la vittima non costituisce circostanza attenuante del fatto di minore gravità.
Con questa recente sentenza (n. 25266/2020) sono stati valorizzati due aspetti: il primo è il ricorso alla minaccia che rappresenta uno degli elementi tipici della violenza sessuale (se l'autore obbliga la vittima a spogliarsi dietro promessa di non divulgare immagini a luci rosse, sta indubbiamente valorizzando una strumentalizzazione dolosa dell'inferiorità della vittima. In pratica è la minaccia a determinare la natura giuridica del fatto). Il secondo aspetto valorizzato è la lontananza fisica, la quale non può alleggerire la condotta dell'autore che, costringendo la vittima a spogliarsi, pone in essere un atto sessuale che coinvolge la corporeità della persona offesa, idoneo a compromettere il bene primario della libertà individuale.
A seconda poi delle modalità in cui tali condotte sono poste in essere ed a seconda dei soggetti cui sono rivolti, vengono poi configurati anche altri reati, tra cui la diffusione illecita di immagini o di video sessualmente espliciti (art. 612 ter c.p.), impropriamente detto, a parere di chi scrive, “reveng porn”; ed il reato di detenzione di materiale pornografico (art. 600 quater c.p.).
Carmela Mazza
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