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- Categoria: No alla Violenza
No alla Violenza – L’intelligenza artificiale e la responsabilità penale degli agenti intelligenti
Per quanto riguarda la responsabilità penale degli agenti intelligenti occorre, innanzitutto, premettere che la responsabilità è èersonale come recita l’art. 27 comma 1 della Costituzione italiana.
Secondo tale principio risponde dell’illecito commesso colui che lo ha commesso personalmente e, pertanto, deve sussistere un nesso di causalità tra la condotta posta in essere, dolosa o colposa, e l’evento prodottosi.
Occorre, inoltre, che il soggetto che ha commesso il fatto sia imputabile e, quindi, capace di intendere e di volere al momento della commissione dell’illecito.
Alla luce di tali principi, può essere considerato penalmente responsabile l’agente artificiale?
Considerati i progressi avuti nel campo della robotica e nelle tecniche, sempre più avanzate, di machine learning si può pure pensare ad un’attribuzione di responsabilità penale in capo a quelle AI (intelligenze artificiali) in grado di svolgere delle attività considerate tradizionalmente di solo dominio umano.
In pratica, ad un livelli così avanzato, potremmo ritenere che le macchine hanno la possibilità di operare scelte discrezionali, totalmente autonome, tali da renderle simili alle persone e, pertanto, imputabili.
Tuttavia, riconosciuta la responsabilità penale occorre capire come gestire la questione delle pene, in funzione sia retributiva che preventiva.
Ad es. cosa succederebbe se la macchina dovesse scegliere tra investire un essere umano che sbuca all’improvviso sulla strada o danneggiare colui che si trova all’interno, non potendosi chiamare guidatore in quanto è il sistema AI che conduce l’autovettura?
O ancora, immaginiamo gli agenti intelligenti che riproducono bambole o animali per i programmo di doll o pet therapy rivolti ai soggetti deboli.
In questi casi, considerato che i soggetti a cui sono rivolti (soggetti deboli) potrebbero sviluppare sentimenti e nutrire emozioni nei loro confronti, la distruzione, il loro maltrattamento o il logoramento doloso, potrebbe integrare una semplice ipotesi di danno o, nei casi in cui si sia sviluppata una capacità cognitiva e una relazione affettiva con il paziente, si potrebbe configurare una tipologia di reato?
È ovvio che una risposta affermativa a tali quesiti condurrebbe alla necessità di prevedere ed introdurre nuove tipologie di reato.
Carmela Mazza
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