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L’Ingegnere e la rivoluzione mancata - In memoria di un amico
Non si scrive un necrologio per un amico, non posso allora usare parole di circostanza per Antonio Alvano.
Quando nel ’94 gli fu chiesto di “scendere in campo” (questa espressione era stata usata per la prima volta in politica qualche mese prima) non chiese garanzie ma solo di poter applicare alla lettera la nuova legge elettorale, che non solo prevedeva l’elezione diretta del Sindaco, ma gli consentiva la scelta autonoma dei suoi assessori.
E lui scelse senza ideologia, da uomo liberale e moderato, uomini e donne della società civile (anche questa un’espressione nata in quegli anni), per formare una giunta fatta tutta di tecnici. Un avvocato, due ingegneri, una dirigente pubblica, un dirigente d’impresa, un imprenditore agricolo, nel tempo due medici, etc.
Una giunta di minoranza, che si confrontava a viso aperto con le forze politiche del Consiglio comunale. In quattro anni ci fu un solo avvicendamento, per altro volontario.
L’esperienza si ripeté quattro anni dopo, nel 1998, con la squadra leggermente modificata con l’ingresso di alcuni assessori “politici”. La conclusione non poteva essere diversa per un ingegnere prestato alla politica: quella politica che ritrovava pian piano i meccanismi suoi propri, tornando a dettare le proprie regole non scritte e portandolo alla sfiducia a metà del secondo mandato.
Sono di quegli anni i rapporti annuali sulle attività dell’amministrazione, stampati e offerti al pubblico confronto. Le cose fatte e programmate dalla sua amministrazione sono tutte negli opuscoli distribuiti periodicamente. Molte di esse sono tali da essere passate tra le cose ovvie nel nostro panorama quotidiano; di altre, di tanto in tanto, escono frutti e idee ancora adesso.
Sono i successi di vedere Enna al secondo posto per l’ambiente nelle periodiche graduatorie delle province italiane del Sole 24ore. Sono lo schema di massima del piano regolatore approvato all’unanimità, piano che vedrà la luce solo una ventina d’anni dopo. Sono il famigerato depuratore, completato solo per la sua determinazione e che tante false e inutili polemiche sollevò. Ma la storia è sempre la stessa: una parte di questa città (per fortuna minoritaria) non ama le grandi opere!
Fino ad allora solo due sindaci storici avevano raggiunto i sei anni di mandato (Paolo Lo Manto) o addirittura superato quel traguardo (Michele Lauria), e dopo di lui c’è riuscito solo l’attuale sindaco Di Pietro.
Fosse stato un po’ meno “ingegnere” (e lo dico a ragion veduta), penso che sarebbe rimasto in carica fino a fine mandato e approdato a ben più alti scranni che a quelli che la sua generosità a servizio della collettività gli ha fatto poi accettare.
Anche durante il suo mandato è rimasto sempre e solo l’ingegnere Alvano, come era prima.
Potrei raccontarvi, ancora, del suo impegno pluridecennale di volontario con UNITALSI, con i Club Service, con l’Ordine degli Ingegneri, fino a quello con l’Associazione degli ex allievi del Liceo Classico “Napoleone Colajanni”, che dimostrano il suo attaccamento alla società ennese in maniera generosa e multiforme; ma queste cose le conoscete già!
Antonio Alvano è stato un ennese caparbio, come tanti siciliani di montagna, ma anche una persona piacevolissima: chi ha avuto la fortuna di sentirgli raccontare in maniera esilarante la sua visita al Quirinale e l’incontro con il Presidente Scalfaro non dimenticherà mai la sua naturale giovialità e la personale capacità di dispensare simpatia.
Ricordiamolo così.
Giuseppe Margiotta
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