Cosenza - Non è una semplice vertenza locale, ma un autentico terremoto giurisprudenziale destinato a ridisegnare i confini dei diritti nel lavoro sanitario. A Cosenza, il Tribunale ha emesso una sentenza storica che riconosce il diritto al buono pasto per chi presta servizio notturno negli ospedali, sancendo un principio tanto elementare quanto ignorato: lavorare di notte non significa valere di meno.

La causa, fortemente sostenuta dal sindacato Nursing Up, ha portato al riconoscimento del buono pasto per ogni turno superiore alle sei ore, indipendentemente dall'orario in cui viene svolto. Il Tribunale ha inoltre disposto un risarcimento di oltre 48.000 euro per i lavoratori coinvolti, cui si aggiungeranno interessi e rivalutazione monetaria. Una cifra destinata a salire, a ristoro di anni di sistematica negazione di un diritto basilare. La sentenza chiarisce che il buono pasto, anche quando erogato sotto forma di ticket anziché di mensa aziendale, è uno strumento assistenziale essenziale per la tutela della salute dei lavoratori.

Negarlo nei turni superiori alle sei ore – afferma il Tribunale – costituisce una violazione degli obblighi contrattuali e dell’articolo 2087 del Codice Civile. «Una pronuncia limpida, che inchioda le responsabilità e fa giustizia per anni di omissioni – commenta il Presidente Nazionale di Nursing Up, Antonio De Palma –. Oggi un Tribunale dà voce a chi veglia la notte nei reparti. I diritti non si chiedono in ginocchio: si conquistano con la legge e si difendono con determinazione.»

Il sindacato è già pronto a portare avanti la battaglia a livello nazionale: sono decine le azioni legali analoghe già avviate in altre regioni. Cosenza, dunque, è solo l’inizio di un’ondata di sentenze che potrebbero fare scuola. Negare un buono pasto a chi garantisce assistenza notturna non è solo un’ingiustizia: è il segnale di un sistema che va rifondato dalle fondamenta. E questa rivoluzione, fatta di tutele riconquistate, è appena cominciata.