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In ricordo di Padre Santo Blando
È da un bel po’ di tempo che cerco di stare lontano dalle faccende locali e di prendere metaforicamente la penna. Ma questa volta, seppur avrei con tutto me stesso desiderato non prenderla dato il motivo, lo faccio. Perché oggi il territorio ha perso una delle menti migliori. Oggi siamo tutti veramente più poveri. La morte di Padre Santo Blando è una notizia che mi ha fatto e sicuramente ha fatto sussultare tantissime persone.
Tante cose si possono dire su Padre Blando (anzi su Santo, quante volte mi ha chiesto di dargli del tu e io non ci sono riuscito). Prete e psicologo di grande cultura, e proprio perché di grande cultura, molto aperto al dialogo. Spesso mi sono chiesto, da anticlericale e con una certa visione della Chiesa, come facesse Santo ad essere prete. Prete in un ambiente che non sempre si è contraddistinto per il dialogo e l’apertura. Ma poi pensavo meno male che Santo abbia scelto di essere prete, perché la sua testimonianza è stata importante per tanti non solo dentro la Chiesa, ma anche per quelli fuori dalla Chiesa, che la Chiesa è ascolto, accoglienza, è consiglio, aiuto.
Più volte ho avuto modo di confrontarmi con lui. Per ricordarlo e per far conoscere Santo Blando a chi non lo conosceva (o non lo conosceva a pieno), voglio ricordare i miei ultimi due incontri con lui. Il primo, subito dopo la laurea magistrale. Mi ha chiamato chiedendomi di vederci perché aveva ricevuto da un “Suo amico che mi voleva bene” un consiglio per me. Quando lo incontrai mi diede il consiglio che ora più che mai voglio seguire, e mi disse “Quel mio amico che ti vuole mi ha dato un dono da darti”. Era un libro che, per ironia della sorte, è qui vicino a me in questo momento avendolo portato con me al Nord, e che parla della vita oltre la vita, di come dal modello offerto dalla fisica quantistica emerge chiaro quanto non abbiamo capito nulla della coscienza, della vita e della nostra natura e che siamo qualcosa di più nobile oltre al corpo.
Poi una dedica dall’ “amico che mi vuole bene” che era ovviamente lui “Ad astra etsi per aspera” spiegandomi il perché ha voluto scrivere quel celebre motto in quella maniera con quell’etsi. Santo mi conosceva bene, conosceva la mia storia, i miei turbamenti, sapeva che ogni cosa avessi fatto io era comunque legato a delle sofferenze. E lui mi ha sempre dato il consiglio giusto come l’ultima volta che ci incontrammo. Avvenne subito dopo quel regalo, pochi giorni prima che prendessi servizio al Nord. Fu un incontro “senza esclusioni di colpi” (in senso buono ovviamente) con le mie paure e i miei timori per la nuova avventura. Dopo l’incontro mi fece una domanda su come stessi a seguito del confronto. Era riuscito a farmi riacquistare una grande energia. Di rendermi consapevole dei miei pregi e dei miei limiti. E soprattutto, come sempre, mi aveva consigliato di vivere.
Un libro che consigliò a diverse persone durante le sue ultime settimane parla proprio di questo. Scritto da un filosofo vietnamita buddista, in questo libro vi è un accorato appello a vivere l’ora, il presente, a vivere realmente nel momento, perché passato e futuro non esistono.
Chissà come dall’Alto mi starà guardando sorpreso nel parlare della sua morte. Noi che ci siamo sempre confrontati sull’illusione della morte, sul fatto che non si muore realmente, che è un inganno dei nostri sensi.
Però oggi ancora una volta scopro i miei limiti e già mi manca immensamente la figura di Padre Santo Blando. E so che non manca solo a me.
Alain Calò
Appena ho appreso, in modo alquanto casuale, la notizia della morte di Padre Santo Blando, ho provato la stessa identica, precisa sensazione di quando è morto mio padre. Lo stesso senso di smarrimento, lo stesso interrogarsi, lo stesso vuoto, la stessa domanda lanciata verso il cielo, verso il Dio della Vita. Si! Perché preti si diventa con l’ordinazione sacerdotale, padri si diventa con la vita e Santo era diventato Padre con la P. maiuscola, semplice trasparenza della Paternità di Dio. I miei colloqui con lui non si possono numerare, perché molti e vari su ogni tema e su diverse problematiche ed ogni volta era cogliere uno scarto, una differenza, un di più che Santo possedeva nei confronti di tutti noi, di tutti i preti, che talvolta guardavano quest’uomo dalla rara intelligenza e dalla spiccata professionalità, come una sorta di prete non proprio riuscito, perché non era mai stato parroco quando, in verità, lui dell’essere parroco aveva vissuto l’essenza: sorreggere la fede, dialogare con tutti, stringere forte la mano, cercarti con insistenza, non giudicare mai, sapersi mettere dalla parte dei deboli, non avere paura delle idee, volere il confronto sincero. Sfoglio meravigliato un libro rimasto nelle mia mani: “Joie” di William C.Schutz, scritto in francese. Mi disse: “Leggilo bene perchè in fondo, l’unica cosa che conta è essere nella gioia, per essere veramente umani”. E poi ci sono quelle scale salite tante volte quasi a raggiungere il punto più alto, non solo di un edificio, ma della confidenza e dell’amicizia sacerdotale. Quando incontravo lui e parlavo con lui mi appariva chiaro cosa significasse parlare di cose alte ed importanti, predicarle e viverle. Quando gli comunicai la prossima uscita di un mio libro su San Gregorio Magno mi disse: “lo aspetto perché sai quanto ti stimo”. Grazie Santo, da parte di un confratello che ti ha voluto molto bene. Ora il presbiterio di Nicosia è decisamente più povero.
Pietro Antonio Ruggiero
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