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Altra barriera per i diversamente abili: Covid19 come abbatterla?
In questi ultimi mesi uno dei temi che sta tenendo in apprensione le istituzioni, la comunità scientifica e i cittadini in genere e su cui si sta molto discutendo riguarda su come sconfiggere il Covid19 con il quale conviviamo da un anno. Da quando è venuto fuori questo brutto virus, nel febbraio 2020, infatti, tutte le comunità scientifiche si sono messe a studiare per trovare l’antidoto adatto per sconfiggere il Covid19. Virus che, secondo le ultime stime, aggiornate al 27 febbraio 2021, ha portato a circa 20.499 contagi e 253 morti in un solo giorno. Situazione che è in continua evoluzione in positivo per la popolazione, in quando vi è stato una diminuzione dei casi di contagio dovuto anche all’attenzione dei cittadini (si pensa). Ma in realtà non è stato così, infatti un suo precedente aumento è stato anche dovuto alla poca attenzione da parte dei cittadini che troppo spesso non hanno rispettato le regole imposte dello Stato. Sulle cause che hanno portato alla sua diffusione così vasta vi sono dei pareri discordanti all’interno della comunità civile; da una parte la causa viene attribuita al Governo ma dall’altra è attribuibile come detto precedentemente a dei comportamenti poco responsabili da parte di molti cittadini che non hanno saputo rispettare le regole che lo stato ha indicato: uso corretto della mascherina e distanziamento sociale. Si vuole precisare non si vuole puntare il dito contro nessuno, ma riteniamo che sia opportuno analizzare i fatti così per come ci sono stati comunicati, certo, per chi osserva la situazione da semplice cittadino non è facile capire bene dove sta la verità, se la colpa sia attribuibile o a un soggetto piuttosto che a un altro.
Sembra, a sentire la tv e a leggere alcuni giornali, che la colpa della diffusione così veloce del virus, almeno delle città italiane, sia dovuto al fatto che le istituzioni non siano state in grado di affrontare lo stato di emergenza (almeno nella prima fase, quando tutto ha avuto inizio nel febbraio 2020). Il problema per l’Italia sembra che sia dovuto a un piano pandemico influenzale non aggiornato ma fermo al 2006. Dal febbraio 2020 a oggi sono stati realizzati diversi Piani pandemici influenzali, documenti che contengono una serie di regole che tutti i cittadini dovrebbero seguire per affrontare l’emergenza sanitaria in sicurezza con la quale ancora conviviamo.
Al suo interno altra questione è quella dei vaccini, l’arma con la quale si dovrebbe sconfiggere questo “brutto male”. Anche questa questione ha portato i cittadini a una confusione terribile sia sulla sua efficacia che su quale vaccino fare ricorso e, in fine la domanda su cui ci preme informarci e sull’importanza per le persone con disabilità di vaccinarsi. A tal proposito il ministero alla salute nel Piano nazionale vaccini Covid19 ha previsto chi sono i soggetti che dovrebbero avere priorità nella vaccinazione e cioè coloro i quali sono più a rischio che può essere corredato all’età e alla presenza di patologie.
Elementi, questi, previsti sul nuovo piano vaccinale. Nella prima categoria vi rientrano le persone estremamente vulnerabili che hanno un rischio particolarmente elevato di sviluppare forme gravi o letali. Una seconda categoria comprenderà le persone di età compresa tra 75 e 79 anni e successivamente sarà il turno delle persone di età compresa tra i 70 e i 74 anni. Un quarto turno sarà ancora quello delle persone con aumentato rischio clinico se infettate da SARS-CoV-2 a partire dai 16 anni di età fino ai 69 anni di età; per poi proseguire con le persone di età compresa tra i 55 e i 69 anni senza condizioni che aumentano il rischio clinico; e infine sarà il turno delle persone di età compresa tra i 18 e 54 anni senza condizioni che aumentano il rischio clinico.
Tra le persone che dovrebbero avere priorità sulla somministrazione del vaccino anche le persone che presentano delle disabilità; anche se in realtà così come affermava la Fish (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) in un articolo sul sito vita.it molte persone con disabilità rischiano di essere tagliate fuori dal piano vaccinale aggiornato al 3 gennaio scorso, nonostante sia una delle fasce di cittadini maggiormente a rischio di essere contagiate o di contagiare altre persone. Per molte persone con disabilità spesso non è possibile rispettare la regola del distanziamento sociale o perché si tratta di una disabilità psichiatrica dove il soggetto non riesce a comprendere che deve stare lontano dall’altro, oppure se si tratta di una disabilità fisica che non ha un mimino di autonomia fisica e quindi ha bisogno di essere assistito da un’altra persona e questo è stato ed è ancora motivo di contagio. Inoltre, vi sono molte disparità di trattamento tra patologie e patologie, sul tema delle vaccinazioni ad esempio sono stati inseriti tutti i soggetti colpiti da SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica) ma sono stati lasciati fuori coloro che presentano Distrofia muscolare e Sma (Atrofia muscolare spinale) nonostante appartengono alla stessa “famiglia” e, pur meno gravi, sono molto simili, in particolare da un punto di vista di problemi respiratori. Dentro a questo calderone dovrebbero rientraci anche coloro che assistono le persone con disabilità; i cosiddetti caregiver (famigliari e operatori); su questo tema è intervenuta, lo scorso 26 febbraio, la neoministra per la disabilità Erika Stefani che, come suo primo atto ufficiale, ha inviato una lettera al Ministro della Salute Speranza, chiedendo di dare priorità nelle vaccinazioni a questa categoria di lavoratori. A chiedere di inserire le persone con disabilità, i loro famigliari e caregiver nella fase 1 bis del piano vaccinale la Ledha (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità) e la Fand Lombardia (Federazione tra le Associazioni nazionali delle persone con disabilità) che hanno lanciato un appello alla Regione Lombardia in tal senso e aggiungiamo nella speranza che questo avvenga in tutta Italia in modo che questo brutto male venga sconfitto.
Andrea Fornaia
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