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La disabilità, un modo di portare la croce
La Settimana Santa che porta alla Santa Pasqua, che ci permette di meditare sulla Passione, Morte e Risurrezione di Gesù Cristo, ci invita a riflettere sul fatto che vivere una condizione di disabilità è un modo di portare la croce.
Lo scorso 13 aprile, in occasione della Domenica delle Parme, che da inizio alla Settimana Santa e che porterà alla Domenica di resurrezione, Papa Francesco nella sua omelia nell’invitare i fedeli a portare ognuno la propria croce ha spiegato che fare questo gesto significa condividere il suo amore. E Papa Francesco in questo momento sa bene cosa significa “portare la propria croce” viste le sue precarie condizioni di salute. Portare la propria croce significa vivere un momento di sofferenza fisica ma può essere anche di tipo Spirituale.
Così come ci viene tramandato dai Vangeli, Gesù stesso, già prima della sua morte in croce, parlando ai suoi discepoli disse: “Se qualcuno vuole venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. In questo caso Gesù non si riferisce a una croce fisica, come la struttura dove si compirà la sua esecuzione, ma si riferisce ai problemi, alle difficoltà che ogni essere umano si trova a dover affrontare lungo la propria vita. Sicuramente non facile prendere la propria croce e seguire Gesù, anzi, una persona che si ritrova a vivere una condizione di malattia, di disabilità molto spesso si ribella a Dio, anche se crede in lui, si ribella al suo volere, chiedendo perché abbiamo permesso questo.
Lo stesso Gesù, mentre si trova nell’Orto degli Ulivi, prima di essere arrestato si rivolgerà a Dio dicendo “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà”. In questo versetto viene fuori la natura umana di Gesù, il suo momento di debolezza e quindi la sua natura umana, davanti al suo destino si mette paura ma subito dopo si rimetterà alla volontà del Padre.
Forse anche le persone con disabilità se hanno fede si dovrebbero abbandonare alla volontà di Dio e affrontare le avversità che la vita gli mette davanti, anche se questo per una persona che vive una disabilità non è per nulla facile e ha bisogno di essere aiutato dagli altri. Questo bisogno di essere sostenuto, aiutato dal prossimo fa venire in mente un’altra figura descritta nel vangelo, quella di Simone il Cireneo, l’uomo che aiutò Gesù a portare la croce, dopo che Gesù cadde per la terza volta. Ognuno di noi può essere un cireneo o trovarsi nella situazione di Gesù.
Tutti possono essere nella condizione del cireneo in quanto si è chiamati ad aiutare chi si trova in difficoltà, come una persona con una condizione di disabilità a portare in carico delle loro croci. Nella situazione di Gesù, perché tutti possiamo avere delle difficoltà e avere bisogno del prossimo. Le croci per gli esseri umani non sono altro che le sofferenze che nel corso della vita si ritrovano ad affrontare. Non tutti però riescono ad affrontare le proprie sofferenze, le proprie malattie, le proprie infermità, le proprie disabilità nel modo giusto perché non è facile accettarle, forse si trovano delle persone come il cireneo, tutto allora diventerà più facile, meno pesante portare la nostra croce, la nostra disabilità.
Quella croce che poi per Gesù diventerà strumento di condanna nel Venerdì Santo quando la sua sentenza sarà la crocifissione. La crocifissione, ai tempi di Gesù, nell’Impero Romano era un metodo di condanna a morte, di cui egli stesso ne sarà vittima innocente. Nella croce di Gesù c’è una via di scampo, la resurrezione che gli permetterà di andare oltre la morte e anche per le persone con disabilità, grazie al sostegno della società, hanno la possibilità di affrontare le proprie difficoltà e di andare oltre le proprie disabilità che in un certo senso gli daranno l’opportunità di risorgere alla vita.
Andrea Fornaia
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