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Oltre la disabilità - Anche le persone con sindrome di Down hanno il diritto al lavoro
In occasione della Giornata Nazionale delle persone con la sindrome di Down, che si è svolta lo scorso 10 ottobre, il CoorDown (Coordinamento Nazionale Associazioni delle persone con sindrome di Down) ha voluto dare il via a una campagna di sensibilizzazione dal nome “Più ci assumi, più ci assumeranno”. In tema di lavoro il primo articolo della nostra Costituzione sancisce che "l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”, così come avevano stabilito i Padri Costituenti, ma in realtà non è proprio così; avere un lavoro è già difficile per una persona che non presenta una disabilità tanto più per un cittadino italiano che presenta qualche forma di disabilità come le persone con la sindrome di Down.
Il lavoro è un’attività indispensabile per l'uomo, è la sua fonte di sostentamento; per potersi nutrire, comprarsi i vestiti e perché no, soddisfare i propri capricci come ad esempio comprarsi una bella macchina. Ma per una persona con disabilità, come ad esempio per coloro che presentano la sindrome di Down, il lavoro non è visto solamente come fonte di guadagno, ma è un modo per mettersi alla prova, imparare cose nuove. Attraverso il lavoro si può dimostrare, prima a sé stessi e poi agli altri, che cosa si è in grado di fare dandosi la possibilità di andare avanti e acquisendo nuove abilità.
Gli ultimi dati Istat registrano che in Italia meno di una persona su tre con la sindrome di Down ha la possibilità di avere un lavoro e ciò nonostante l’ordinamento italiano abbia previsto delle norme ad hoc per le persone con disabilità, ma ancora siamo in una situazione pessima. Massimo Rotta, responsabile area giovani adulti dell’Associazione Genitori e Persone Down (AGPD) operativa soprattutto su Milano, in un’intervista per ilfattoquotidiano.it evidenzia “la necessità di un lavoro di rete e la disponibilità di più risorse per garantire un monte ore sufficiente alla formazione di una persone con questo tipo di disabilità”. Diverse le iniziative portate avanti in questi anni per favorire l’inclusione lavorativa delle persone con la sindrome di Down, tra le quali quella portata avanti nel 2014 dalla Rai in collaborazione con l’A.P.D. (Associazione Italiana Persone Dawn) “Hotel a sei stelle” dove si raccontava, dietro una telecamera, il percorso formativo di sei ragazzi (da qui il nome Hotel a sei stelle) dove ognuno di loro è stato collocato in una mansione specifica, chi alla sala, chi in cucina, chi al bar, chi alla reception, chi cameriera ai piani o al ristorante e infine chi era stato affidato alla manutenzione. Ogni allievo, durante tutto il suo percorso, ha dovuto imparare a svolgere le mansioni per le quali era stato collocato.
In Italia, secondo l’A.P. D, ogni 1.200 bambini che nascono, uno di questi è affetto dalla sindrome di Down. Ancora oggi si è nella convinzione che la presenza di una persona con disabilità, qualsiasi tipo essa sia e bisogna avere l’onesta intellettuale di dire le cose come stanno, qualsiasi tipo di handicap, viene visto come un limite, come una condizione che possa ostacolare il ciclo produttivo di un’azienda; troppo spesso si pensa solo a come fare profitto e non alla possibilità di rendere felice una persona. Si dice che i soldi fanno la felicità, per una persona con disabilità non è questo che la rende felice, ma sapere di potersi rendere utile, saper fare qualcosa.
Un’ultima cosa che merita di essere presa in considerazione ci viene suggerita da un articolo di Cristina Ravanelli sul Corriere della Sera del 25 giugno 2019 in cui viene sottolineato che grazie al lavoro si può evitare l’isolamento di una persona con la sindrome di Down; troppo spesso, evidenzia l’articolo, una volta finito il ciclo di studi questi ragazzi non trovano altri contesti dove poter socializzare e da un momento all’altro si ritrovano chiusi in casa. Stefano Vicari, responsabile dell’Unità operativa di Neuropsichiatria infantile dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma e autore di «La sindrome di Down» (Il Mulino), in una intervista contestava il fatto che la legge n. 68 del 12 marzo 1999 stabiliva che solo le aziende con più di quindici dipendenti avessero l’obbligo di assumere in cambio di sgravi fiscali. Mentre quelle con meno di quindici non hanno nessun obbligo ma allo stesso tempo hanno le stesse agevolazioni; invece per Daniele Rugolo fondatore di Jobmetoo, una piattaforma per la ricerca di posti di lavoro riservata alle persone con disabilità, affermava: “è necessario adottare un sistema che premi le aziende che assumono persone con disabilità”. Speriamo che anche questa Giornata Nazionale delle persone con la sindrome di Down, che ha avuto luogo qualche giorno fa sia stata l’occasione per un’attenta riflessione sui problemi legati al mondo della disabilità e nella fattispecie per chi presenta la sindrome di Down, per una loro piena inclusione non solo lavorativa, ma in ogni contesto sociale.
Andrea Fornaia
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