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Categoria: Etica e Religiosità
30 Aprile 2025

Francesco, il Papa venuto dal popolo: Salvatore Martinez racconta l’uomo, l’amico, il profeta

 Salvatore Martinez già presidente per 26 anni del Rinnovamento nello Spirito e Consultore pontificio di Francesco racconta Papa BergoglioMartinez con Francesco così come lo ha conosciuto: uomo, amico e profeta.

- Salvatore Martinez, lei ha conosciuto Jorge Mario Bergoglio prima che diventasse Papa. Che tipo di rapporto vi legava?

“Il nostro rapporto nasce all’interno di una comune esperienza di fede e servizio: il Rinnovamento nello Spirito. All’epoca, Bergoglio era Assistente ecclesiastico del Rinnovamento in Argentina, una responsabilità che portava avanti con passione e semplicità. Avevo già colto in lui una profonda sensibilità per le questioni sociali, un amore viscerale per gli ultimi, per i carcerati, per i poveri. Ma soprattutto, mi aveva colpito la sua capacità di dialogare con mondi apparentemente lontani. A Buenos Aires, fu promotore di un’esperienza di “ecumenismo spirituale” che coinvolgeva i pentecostali, e lo fece con uno spirito di riconciliazione e preghiera autentica, sulla scia del modello italiano nato nel 1996. Quando fu eletto Papa nel 2013, non mi stupì che scelse il nome di Francesco: era la conferma della sua intenzione di essere un Pontefice profetico, vicino al popolo, centrato sul Vangelo vissuto nella povertà e nella semplicità di Francesco d’Assisi.”

- Lei era presente il giorno dell’elezione di Papa Francesco. Che ricordo ha di quel momento?

“Ero in diretta su Radio Vaticana, quel 13 marzo 2013, per commentare l’atteso annuncio dell’Habemus Papam. Ricordo perfettamente l’atmosfera carica di attesa, il senso di svolta nell’aria. Quando udii il nome di Jorge Mario Bergoglio, fui tra i pochi a non restare sorpreso. Anzi, ebbi la chiara consapevolezza che stava per iniziare qualcosa di profondo, di rivoluzionario. “Un gesuita che si fa francescano”, dissi in diretta. E in quella frase c’era tutto il senso del passaggio: il “prete di strada” – come chiamava sant’Ignazio i suoi sacerdoti – avrebbe portato una scossa salutare nella Chiesa. Una Chiesa “in uscita”, che abbandona i palazzi e si fa presenza tra la gente, senza condizioni. Una Chiesa povera, non per ideologia, ma perché il Vangelo è di tutti, e Gesù stesso è di tutti. “

- Quando lo ha incontrato per la prima volta da Papa?

“Lo incontrai la prima domenica dopo l’elezione, in Vaticano, durante la sua prima Messa da Pontefice. Eravamo una cinquantina di persone, in un clima intimo e raccolto. Subito dopo, Francesco si sarebbe affacciato alla finestra per il primo Angelus, e lì avrebbe pronunciato per la prima volta quella parola che sarebbe diventata la cifra ostinata del suo Pontificato: misericordia. Ricordo con emozione il primo abbraccio che ci scambiammo fuori dalla Chiesa di Sant’Anna. E ricordo bene le sue parole: “Sono l’assistente del Rinnovamento”. Una frase che, trasmessa in diretta dalla CNN, fece scalpore in tutto il mondo. Ricevetti messaggi da molti Paesi, segno di quanto quella dichiarazione avesse toccato il cuore di molti. “

- Francesco ha poi continuato a coinvolgerla in diverse iniziative?

“Sì, mi confermò nelle nomine già ricevute da Benedetto XVI: Consultore di tre Dicasteri Vaticani – Laici, Famiglia, Nuova Evangelizzazione –Martinez con Francesco 1 e Presidente della Fondazione Vaticana per la Famiglia in Terra Santa. Ebbi anche l’onore di seguirlo in molti viaggi pastorali. Ricordo in modo particolare quello in Israele, Palestina e Giordania, nel 2015, quando facevo parte della Delegazione dei Patriarchi orientali. E poi, nel 2018, quando ero Rappresentante speciale del Ministero degli Esteri presso l’OSCE per la libertà religiosa, partecipai alla Prima Conferenza Interfaith negli Emirati Arabi, un evento preparatorio al celebre viaggio ad Abu Dhabi. Fu lì che Francesco firmò la storica Dichiarazione sulla Fratellanza Universale. Un gesto destinato a restare nella storia, come testimonianza concreta di dialogo e pace tra le religioni. “

- Ci racconta qualche aneddoto personale con il Santo Padre?

“Gli episodi sarebbero davvero tantissimi. Forse, un giorno, scriverò un nuovo libro: ne ho già pubblicati tre, il primo dei quali nel 2014, tra i primissimi dedicati al Pontificato. Ebbi modo di presentarlo nella sua versione spagnola alla Fiera del Libro di Buenos Aires, e in quell’occasione visitai tutti i “luoghi bergogliani” e incontrai gli amici di sempre del Papa. Francesco, in privato, era esattamente come appare: diretto, affettuoso, amante della semplicità. Un giorno gli portai alcuni prodotti del Fondo Sturzo, in eleganti ceramiche di Caltagirone. Quando lo rividi dopo un mese, mi disse: “Mandane altri, erano buoni!”. Un’altra volta, allo Stadio Olimpico di Roma, durante un grande evento carismatico, volle inginocchiarsi e mi chiese di guidare la preghiera. Davanti a 52.000 persone, lui era a terra e io in piedi: ancora oggi, faccio fatica ad accettare la portata simbolica e spirituale di quel gesto. Nel 2015, invece, organizzammo in Piazza San Pietro un evento speciale sull’“Ecumenismo del sangue”, un’espressione da lui coniata per indicare come oggi, nella persecuzione, i cristiani siano già uniti, come duemila anni fa. Ricordo con emozione la presenza di Bocelli e Noa, che invitai a cantare Amazing Grace, un inno caro a Francesco. “

- A suo avviso, quale sarà l’eredità di Papa Francesco?

“È sempre rischioso parlare di eredità. Tuttavia, possiamo già intravedere l’impronta profonda che Francesco ha lasciato nella Chiesa e nel mondo. Ha saputo coniugare spiritualità e concretezza, Vangelo e strada, dottrina e misericordia. Ha scardinato dualismi sterili – conservatori contro progressisti, spiritualità contro impegno sociale – e ci ha ricordato che la fede è una sola, vissuta nel cuore della storia. Certamente ha avviato processi di rinnovamento senza precedenti e portato a compimento riforme già iniziate dai suoi predecessori. Ma la vera sfida oggi è l’interiorizzazione di questi cambiamenti. La teologia, la pastorale e persino la struttura ecclesiale hanno fatto fatica a stare al passo con lui. Tuttavia, è difficile immaginare che si possa tornare indietro. Questi sono giorni di preghiera e attesa. La Chiesa non è un’istituzione solo umana: è opera di Dio. Gli imperi cadono, le ideologie passano, ma la Chiesa resta, pur con le sue contraddizioni. Francesco ci ha risvegliati. Ha dato una scossa alla fede, alla speranza e alla carità. E ha rimesso in moto l’orologio della storia: ora tocca a noi continuare a camminare al ritmo dello Spirito Santo.”

Massimo Castagna

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