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Priolo, la mossa a sorpresa di Eni: CGIL “Una chiusura accelerata e ingiustificabile, a rischio il futuro della chimica di base in Italia”
Palermo – “Una mossa a sorpresa, con le stesse giustificazioni addotte per il fermo della produzione oggetto del protocollo non sottoscritto da CGIL e Filctem, sulla cui urgenza sorgono dunque legittimi dubbi. Di fatto questa società, con golden share ancora in mano allo Stato, ha mostrato un’ingiustificabile trascuratezza e un ritardo quando si trattava di ristrutturare e potenziare i suoi impianti, e un’ansiosa urgente accelerazione quando invece li vuole chiudere”.
È quanto affermano Alfio Mannino, segretario generale della CGIL Sicilia, e Pino Foti, segretario generale della Filctem CGIL regionale, in merito all’annuncio di Eni di anticipare al 1° luglio la fermata degli impianti di Priolo. “Sono troppi i dubbi – sottolineano Mannino e Foti – su una grande operazione finanziaria motivata esclusivamente da logiche di profitto. Un’operazione che Eni/Versalis ha potuto portare avanti indisturbata, senza offrire alcuna garanzia, favorita dal silenzio dei governi nazionale e regionale”.
I due sindacalisti esprimono forte preoccupazione per il futuro della chimica di base in Italia e per quello del lavoro e dello sviluppo in Sicilia. “Dal 1° luglio – spiegano – per i lavoratori diretti varranno gli accordi definiti a maggio, ma per quelli dell’indotto non esiste alcuna chiarezza: l’azienda, senza fornire numeri, assicura che aumenteranno grazie alle attività di smantellamento e costruzione del nuovo impianto. Tuttavia, nulla è stato detto su quanti lavoratori saranno impiegati a regime una volta ultimati i lavori”.
“Dopo Brindisi – continuano – se ne va anche il secondo impianto di cracking nazionale, e con esso il futuro dell’intero settore della chimica di base. Da ora in avanti, l’80% dell’industria italiana dipenderà dalle dinamiche di mercato delle società estere, che, non avendo più una produzione concorrente in Italia, non avranno nemmeno interesse a contenere i prezzi: i costi aumenteranno e a pagarli saranno aziende e lavoratori”. Per Priolo e la Sicilia, il quadro è definito “drammatico” dai dirigenti CGIL: “Verrà meno un tassello strategico dell’assetto industriale regionale. La futura bioraffineria, di cui peraltro non esiste ancora nulla di certo, potrà forse attenuare solo in parte l’emorragia occupazionale e produttiva. Resterà comunque un elemento isolato in un contesto infrastrutturale pensato per gli idrocarburi, e sarà privo della capacità di generare una filiera produttiva integrata”.
“Serve un intervento immediato – concludono Mannino e Foti – per rimettere al centro la politica industriale del Paese e garantire tutele vere per i lavoratori e per i territori coinvolti. Non si può sacrificare una parte strategica dell’economia nazionale sull’altare del profitto di pochi”.
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