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No alla Violenza – Il profitto del reato di frode informatica e la sua confisca (art. 240 c.p., commi 3 e 4)
I commi 3 e 4 dell’art. 240 c.p. prevedono rispettivamente che “le disposizioni della prima parte e dei numeri 1 e 1 bis del capoverso precedente non si applicano se la cosa o il bene o lo strumento informatico o telematico appartiene a persona estranea al reato” e “la disposizione del numero 2 non si applica se la cosa appartiene a persona estranea al reato e la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa”.
Per persona estranea al reato deve intendersi colui/colei che non è coinvolto/a, ad alcun titolo, né come autore né come concorrente, nell’attività illecita per la quale è in corso o è stato svolto il procedimento penale.
Pertanto, si considera persona estranea al reato quel soggetto che non ha ottenuto vantaggi ed utilità dalla commissione del reato e che, essendo in buona fede, non può conoscere il rapporto di derivazione della propria posizione dall’illecito commesso da altri.
Tuttavia la Corte di Cassazione, con la sentenza della terza sezione penale n. 29586 del 2017, ha precisato e chiarito che per impedire la confisca non basta che il terzo dimostri di essere estraneo al reato, ma occorre provare che egli, secondo le regole di buona fede e con la diligenza comune, ha ignorato incolpevolmente che il bene a lui appartenente sia stato utilizzato per commettere il reato e che dalla commissione dello stesso non abbia conseguito alcun indebito vantaggio o altra utilità.
Inoltre, va precisato che l’espressione “la cosa appartiene a persona estranea al reato” deve intendersi quale concetto ampio di appartenenza, non quindi ristretto alla sola proprietà, ma comprensivo anche dei terzi titolari di diritti reali di godimento e di garanzia.
Infine, quando dopo una condanna penale non è possibile eseguire la confisca in forma specifica, ossia diretta, dei beni che hanno un rapporto di pertinenzialità con il reato e, quindi, dei beni che costituiscono il profitto o il prodotto dell’illecito, il legislatore ha previsto una particolare misura di carattere ablativo che è la c.d confisca per equivalente o di valore, la quale prevede la possibilità di aggredire le somme di denaro, beni o altra utilità per un valore corrispondente al prezzo o profitto conseguito con la commissione del reato e di cui il reo ha la disponibilità.
La sua caratteristica consiste nel fatto che può essere adottata solo se i proventi dell’attività illecita non si rinvengono nella disponibilità del reo, perché consumati, confusi o trasformati.
Ne consegue che, mentre la confisca diretta o in forma specifica assolve ad una funzione essenzialmente preventiva, la confisca per equivalente o di valore ha natura essenzialmente sanzionatoria.
Carmela Mazza
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